CALATA PAITA RACCONTA IL FUTURO DEL PORTO E DELLA SUA CITTÀ
di Paolo Marcesini
L’inaugurazione alla Spezia della prima porzione di Calata Paita, 5.000 mq che a breve potranno essere frequentati da cittadini e turisti che troveranno nell’area servizi di qualità per il loro tempo libero, è il primo segno tangibile di quello che sarà il nuovo waterfront della città.
Riportare il mare in città e la città sul mare. Le parole d’ordine del progetto a cui Fabrica ha lavorato con passione e determinazione in questi mesi insieme all’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale, sono state #Restituzione, #Recupero, #Integrazione, #Tradizione, #Comunità e #Sostenibilità.
Quello che vediamo oggi è la trasformazione temporanea, colorata e reversibile, di un nuovo spazio pubblico fatto di strutture per ospitare servizi, spazi sociali, culturali, sportivi, commercio e ristorazione. Alla base del concept iniziale c’è proprio la città e le sue caratteristiche principali: le Colline che la circondano, le Piazze che la animano, il Mare visto come l’elemento di partenza e di arrivo.
Una trasformazione fatta in punta di piedi. Senza disturbare. Che aggiunge senza togliere.
Ne parliamo con Mario Sommariva, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale.
“Il vostro progetto elaborato, dinamico, sostenibile e innovativo, ci ha fatto subito capire che eravamo sulla strada giusta. E così un piccolo sogno si realizza in attesa di un sogno molto più grande. L’apertura di “Porta Paita” rappresenta, plasticamente, l’idea di sviluppo portuale che la nostra Autorità di Sistema intende portare avanti insieme al Comune, coniugando lo sviluppo dei traffici commerciali con la sostenibilità ambientale e sociale. L’idea è quella del “villaggio sul mare” che racconta e valorizza l’identità più autentica della città”.
Presidente, visto dal suo punto di vista, cosa significa lavorare sulla progettazione di un nuovo spazio portuale?
“Per chi come voi si occupa di architettura e ingegneria può essere anche decisamente difficile. Il porto è un ecosistema molto complesso. Il livello di difficoltà dipende molto dal tipo di esigenza a cui deve rispondere la progettazione. Quello di Calata Paita è stato un progetto di trasformazione. La fantasia in questo caso era più libera e voi di Fabrica avete messo a disposizione di questa libera espressione delle vostre competenze alcuni concetti fondamentali che erano e sono alla base dell’idea stessa di futuro del porto e del suo rapporto più intimo e profondo con la città. È come se in questi primi 5000 metri quadrati ci fosse la sintesi, una sorta di una fotografia della nuova visione di waterfront. Calata Paita racconta la visione del futuro del porto. Altra cosa è intervenire su edifici e strutture che mantengono una funzionalità portuale. Il questo caso il progetto è meno libero e la funzione dell’architetto si deve piegare alle esigenze dell’infrastruttura. Con Fabrica da subito l’intesa è stata perfetta”.
Alla base del progetto il concetto di trasformazione a quello di recupero con al centro la visione di una città realmente “a misura d’uomo” che si confronta con il suo mare.
“Questa è anche la nostra a visione. Con una avvertenza. Se il porto non farà sempre il porto e non continuerà a sviluppare la sua naturale dimensione industriale e commerciale, molto difficilmente potrà continuare ad essere un volano per la crescita economica della città. In altre parole non può esistere una dimensione turistica competitiva senza la produttività industriale garantita dal porto. Lo dico a livello macroeconomico per il Paese e non solo per una città come la nostra. Ma alla Spezia questo è ancora più evidente”.
Non a caso la ricerca costante dell’equilibrio è stata una delle fonti principali del nostro concept: non solo il mare e la città ma una visione d’insieme delle sue vocazioni economiche che proprio nel porto trovano la loro sintesi più immediata e leggibile.
“Il porto deve sviluppare anche in futuro la sua funzione principale di porto industriale e commerciale e lo può e deve fare anche tenendo conto e valorizzando la vocazione turistica che la città sta sviluppando e rinnovando negli ultimi anni. Calata Paita rappresenta un esempio tangibile della ricerca di questo nuovo equilibrio. Una sorta di simbiosi infrastrutturale che consente di liberare aree in funzione di uno sviluppo urbano organico e sostenibile”.
Fabrica è un cluster di innovazione al servizio della progettazione che crede alla sua città che cambia e al rapporto di coesione che il cambiamento deve conservare con chi la abita. La trasformazione infrastrutturale per diventare parte organica del tessuto urbano deve per forza essere inclusiva.
“Innovazione e rispetto della tradizione sono sinonimi di crescita e sviluppo. E di inclusione. Le prime idee progettuali che avete presentato ci hanno subito convinto perché rispecchiavano a pieno questa idea che pensava al futuro nel rispetto delle vocazioni industriali ed economiche che, lo voglio ripetere, non possono mancare se vogliamo garantire la crescita economica della città. Vocazioni che fanno parte del carattere della città. Calata Paita è solo l’inizio, l’embrione che indica la strada che vogliamo percorrere con decisione nei prossimi anni. Con Fabrica abbiamo avuto una identità comune di intenti, anche sentimentale, rispetto agli obiettivi da raggiungere. Ci ha guidato l’amore per la città. Anche per questo il progetto finale è stato così bello”.
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