DESTINAZIONE LA SPEZIA
Intervista ad Angelo Matellini, direttore CNA La Spezia
di Paolo Marcesini
La Spezia è la nostra città. Il suo sviluppo economico, sociale e culturale coincide con la nostra scelta, voglia e desiderio di esserci e restare. Ma dove sta andando la città? In che modo si sta sviluppando? Incontriamo Angelo Matellini, direttore di Cna La Spezia, l’associazione delle piccole e media imprese che opera per “l’affermazione nella società, nelle istituzioni e nella politica, dei valori dell’impresa, del lavoro e dell’economia di mercato”. Questo è uno dei luoghi migliori per capire quale sarà il futuro delle imprese. Iniziamo parlando di noi, del nostro modo di lavorare dedicato a tutti i settori della progettazione e del costruire, basato sul principio di innovazione tecnologica e sostenibile, alla ricerca costante di nuovi talenti da valorizzare.
“Fabrica è un esempio positivo, un gruppo di professionisti che ha deciso di presentarsi sullo stesso livello, ognuno con le proprie competenze, creando un soggetto in grado di soddisfare al 100% le esigenze del cliente. Dal geometra, all’architetto, all’ingegnere, figure professionali diverse del settore della progettazione e dell’edilizia che lavorano insieme, nello stesso luogo, con lo stesso marchio. Una gran bella storia”.
Quella di raccogliere e unire competenze diverse per soddisfare al meglio le esigenze del cliente è una tendenza che riscontra anche dal suo osservatorio?
“Le aziende oggi per competere anche in un territorio come il nostro devono accogliere con entusiasmo la possibilità di lavorare insieme, ovviamente nel rispetto delle diverse competenze. Sempre nel settore dell’edilizia, alla Spezia esiste un consorzio che mette insieme una serie di aziende diverse (muratori, idraulici, elettricisti) e le mette a disposizione dei clienti che possono scegliere i servizi che più gli interessano. Questa forma di integrazione ha la possibilità e la necessità di essere presa ad esempio soprattutto per la flessibilità dell’offerta che la rende adatta e competitiva a comprendere la velocità dei cambiamenti della domanda”.
Il modello di governance della cooperativa scelto da Fabrica aiuta questo tipo di relazione?
“Cooperative, consorzi e associazioni di imprese sono tutti modelli validi. Il principio alla base è: insieme è meglio e si impara di più.”
In Italia, a proposito delle dimensioni delle nostre imprese, un tempo si diceva che “piccolo era bello”.
“Per noi rappresentanti delle piccole imprese, questa all’inizio era una frase che poteva suonare come carina, ma presto abbiamo scoperto che si trattava solo di una favola. Piccolo è soprattutto difficile e decisamente complicato.”
Che momento possiamo descrivere per lo sviluppo dell’impresa alla Spezia?
“Assistiamo a una straordinaria diversificazione delle attività economiche. Se prendiamo le imprese che si iscrivono alla Camera di Commercio, fatichiamo persino a classificarle perché i codici non riescono a stare dietro alle novità. È anche vero che nei primi cinque anni di vita la mortalità delle imprese è molto elevata. Questo accade perché non tutte le persone che aprono la partita IVA hanno la preparazione e l’attitudine dell’imprenditore. Alcuni lo fanno per necessità, provano strade nuove semplicemente perché non hanno trovato un lavoro a tempo indeterminato nel pubblico impiego o in una grande azienda. Fare impresa non po’ mai essere un ripiego”.
Si parla molto in questo periodo del rifiuto dei giovani nei confronti del lavoro?
“Credo siano le famiglie che inducono i giovani a comportamenti di questo genere. Bisognerebbe liberare i giovani dalle famiglie”.
Sembra quasi che il lavoro abbia bisogno di una campagna di comunicazione per ribadire la forza e il valore di tutti i suoi fattori positivi.
“Quando parlo della responsabilità delle famiglie, non uso il paradosso, ma fotografo la realtà. La generazione dei genitori di oggi è composta da persone che hanno raggiunto uno status sociale decisamente superiore a quello di partenza e vogliono che i figli partano esattamente da dove sono arrivati loro. I giovani così non hanno motivazioni, preferiscono stare fermi, protetti dalle loro famiglie. In questo contesto si innescano alcune mode negative. Ad esempio, non è più “figo” fare l’operaio. Il retaggio culturale di provenienza è quello di famiglie, figlie di operai di una volta e di contadini, che hanno visto il loro percorso sociale evolversi in una direzione maggiormente legata ai servizi. Nessuno dice che ormai da tanto tempo non esistono più quegli operai e che la maggior parte delle figure richieste dal mercato del lavoro sono tecnici. Tutti i mestieri attuali necessitano di competenze nuove perché cambiano i materiali, cambia il modo di produrre e l’evoluzione è sempre più spinta in avanti. Tutti dobbiamo continuare ad imparare. Per fortuna la qualità e la quantità della formazione che i lavoratori fanno oggi è decisamente superiore a quella che facevano in passato. Ma il lavoro deve diventare più attraente”.
Fabrica anche per questo investe molto in formazione. L’evoluzione nel campo del costruire e dell’abitare, che tiene insieme innovazione, digitalizzazione, sostenibilità ed economia circolare ci obbliga ad una formazione continua e alla ricerca costante di nuovi talenti, Forse una risposta alla necessità di competenze sempre più legate al lavoro e al territorio può essere data dagli ITS, gli Istituti Tecnici Superiori, di cui si parla molto in questi anni?
“Sì, ma anche in questo caso si deve fare uno sforzo per farli diventare maggiormente attraenti. Ad esempio, fino a 15 anni fa si andava al ristorante ma non si parlava mai dei cuochi e di come lavoravano in cucina. Poi la televisione, con Masterchef, ha fatto diventare questa attività apprezzata da tutti e ambita da tanti. Servirebbe un Masterchef anche per valorizzare altri mestieri”.
Torniamo alla Spezia e al suo modello di sviluppo. Come possiamo descriverlo?
“Negli anni ’90, quando è stata abolita la leva obbligatoria, la città ha smarrito la sua personalità e la sua economia di scala, perché la leva garantiva stipendi e stabilità. Contemporaneamente è stato ridimensionato la presenza del pubblico, basta pensare all’Arsenale che un tempo aveva quasi diecimila dipendenti mentre oggi ne contiamo qualche centinaio. È stata alcuni anni senza trovare una soluzione e una precisa identità, fino a quando, casualmente, senza una volontà precisa, è cambiata: in parte ha ridotto il numero degli abitanti, in parte ha trovato una nuova personalità attraverso una serie di attività che hanno ridato vita al centro e hanno sovvertito previsioni catastrofiche di povertà e crisi occupazionale. Si è capito che lavorando sulla gradevolezza dell’ospitalità, dei servizi e dell’accoglienza si poteva ottenere qualcosa in più. C’è stata così la riscoperta del turismo che oggi viene percepito come un’attività economica importante”.
In sintesi ha finalmente capito di essere anche un hub turistico al servizio di uno dei territori più belli d’Italia.
“A pochi chilometri dal centro ci sono i castelli della Lunigiana, il Golfo dei Poeti, le cave di marmo, le Cinque Terre, l’Alta Via dei Monti Liguri e tante altre realtà attrattive capaci di generare esperienze turistiche di grande qualità. Contestualmente assistiamo alla trasformazione delle imprese artigiane, non più produttori disinteressati al mondo che li circonda ma imprenditori al servizio dei turisti e dei loro bisogni”.
Parliamo adesso della vocazione industriale della città e di come si sposa con la scoperta del turismo.
“Occorre diversificare. Il numero di residenti è ancora alto e non può esistere una vocazione turistica predominante ed esclusiva. Pensare a una Spezia senza industria è una follia, che sarebbe attuabile solo se diminuisse il numero dei residenti di un ulteriore 50%. A quel punto la città diventerebbe un paradiso per pensionati, una città ideale per lo sviluppo turistico. Ma non sarebbe più una città per giovani. Per questo non si può abbandonare la vocazione industriale, che deve però abbracciare con forza e convinzione la sostenibilità declinata nelle sue tre dimensioni, ambientale, sociale ed economica. Per fortuna il rispetto per l’ambiente e il progresso tecnologico fanno sì che una fabbrica oggi non inquini più come quarant’anni fa. Turismo e industria così non solo possono convivere ma possono aiutarsi reciprocamente attuando un modello di crescita costate ed equilibrato”.
In questo contesto, Fabrica con le sue competenze, può giocare un ruolo importante?
“È una realtà importante del territorio, che nasce in una città di soli 100 mila abitanti. E una società che ha saputo crescere così tanto in una periferia è l’esempio concreto di come, anche lontani dalle grandi città, si possano fare grandi cose”.
Angelo Matellini, direttore CNA La Spezia
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