Polvere

di Danilo Sergiampietri

In occasione del Giorno della Memoria, il 27 gennaio 2019, sono stato invitato a realizzare una mostra presso Il Circolo Ufficiali della Spezia.
Mi ero già occupato del tema Shoah in un mio lavoro del 2013, intitolato GAS, una serie di ritratti realizzati traforando gli sportelli in lamiera zincata comunemente utilizzati a protezione dei contatori del gas domestico. I ritratti erano di uomini, donne, bambini e ci ricordano una storia. Una terribile storia. Il 16 e 17 luglio 1942 più di 13.000 ebrei parigini vennero arrestati e in parte trasferiti nell’edificio che ospitava il velodromo d’inverno di Boulevard de Grenelle, a due passi dalla Tour Eiffel. Qui, più di 8.000 persone vennero tenute in condizioni disumane prima di essere trasferite nei campi di transito della periferia e quindi deportate in treno e mandate a morte ad Auschwitz. La maggior parte di loro morì nelle camere a gas. Una ferita ancora aperta in Francia perché la “Retata del velodromo d’inverno” (Rafle du Vélodrom d’Hiver) venne decisa, progettata ed eseguita da francesi; non fu necessario un solo soldato tedesco per compiere questo crimine così odioso.
Come ricorda una targa collocata sul luogo dove sorgeva il velodromo, poi demolito, furono internati 4.115 bambini, 2.916 donne e 1.129 uomini.
L’idea degli organizzatori della mostra al Circolo Ufficiali era forse quella di riproporre GAS ma, già al primo sopralluogo mi sono reso conto che lo spazio, le pareti, i colori non erano quelli giusti, non era possibile esporre i ritratti in lamiera su quelle pareti. Serviva qualcos’altro.
Dopo alcuni mesi di idee, schizzi, progetti, prove e ricerche dei materiali più adatti, ho proposto un’installazione su un tavolo lungo sei metri: 20 ritratti in polvere di ferro finissima realizzati su lastre grezze di marmo bianco di Carrara, materiale di scarto di segheria. I ritratti sono ancora quelli delle vittime della retata parigina del 1942 ma questa volta sono inconsistenti, fragili, effimeri e come un Mandala tibetano sono stati distrutti al termine della mostra.
Durante l’emozionante discorso di presentazione Marzia Ratti, direttrice dei Servizi Culturali del Comune della Spezia, ha citato una poesia di Ludovico Belgiojoso, uno degli architetti più importanti del novecento italiano, fondatore del gruppo BBPR, autore, fra l’altro, della Torre Velasca a Milano.
Belgiojoso, per le sue idee politiche, era stato deportato nel Campo di concentramento di Mauthausen-Gusen. Da quel luogo di sofferenza è riuscito a mandarci una poesia che contiene una delle più belle, pure ed essenziali idee di architettura che ho mai sentito. La poesia è questa:

NON MI AVRETE
Ho fame, non mi date da mangiare,
Ho sete, non mi date da bere,
Ho freddo, non mi date da vestire,
Ho sonno, non mi lasciate dormire!
Sono stanco, mi fate lavorare,
sono sfinito, mi fate trascinare
un compagno morto per i piedi,
con le caviglie gonfie e la testa
che sobbalza sulla terra
con gli occhi spalancati…
Ma ho potuto pensare una casa
in cima a uno scoglio sul mare
proporzionata come un tempio antico.
Sono felice: non mi avrete.

Lodovico Belgiojoso Gusen, 1945

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