Alla ricerca della forma perfetta
di Matteo Barreca
In una delle mie solite pause caffè passate a curiosare tra le riviste un po’ ingiallite che compongono una parte della nostra libreria di architettura, mi sono imbattuto in un articolo di un vecchio numero di Casabella (per i più curiosi sto parlando del n°739 “Le grandi opere strutturali dalla ricostruzione al miracolo economico”) che avrebbe fatto brillare gli occhi a qualsiasi architetto o ingegnere.
Tra le tante opere elencate, una in particolare è riuscita a catturare la mia attenzione e accendere la mia curiosità fino al punto di sentire la necessità di voler condividere la mia “scoperta”.
La struttura in questione è il Ponte sul Basento progettato nel 1967 dall’ingegner Sergio Musmeci, figura fino a questo momento a me sconosciuta poiché non presente – e io dico a torto – in nessuno dei miei percorsi di studi universitari. Invece di limitarsi a calcolare la struttura più semplice che tutti i manuali di progettazione gli avrebbero consigliato e che di sicuro gli avrebbe causato una minore fatica intellettuale, l’ingegner Musmeci decise di porsi la sfida di progettare una membrana strutturale formata da una serie di archi e che portasse all’estremo il concetto di ottimizzazione dell’utilizzo del materiale impiegato.
Ancor più interessante è la ricerca della forma perfetta attraverso la realizzazione di modelli fisici per simulare le forze e disegnare nell’aria la forma che più si avvicinasse ai principi governatori della nostra realtà. Non credo sia un caso che la forma così complessa e allo stesso tempo così proporzionata della Sagrada Familia (Barcellona) del maestro Antoni Gaudì, sia stata studiata attraverso un simile procedimento analitico.
Al di là della tecnica, ciò che più mi ha impressionato è lo spirito con il quale si è approcciato al problema e che gli ha permesso di realizzare una forma continua nello spazio in grado di ingabbiare le naturali forze gravitazionali e renderle visibili negli occhi di chi la osserva. Tutto ciò attraverso una struttura così sinuosa da suscitare nell’immaginazione comune la possibilità di potersi staccare dal suolo con un semplice battito di “ali”.
Non è forse questa l’attitudine a cui tutti noi progettisti dovremmo aspirare?